
Prologo (Shamàn, la Leggenda del Guacamayo)
In un villaggio remoto, nel cuore della foresta Amazzonica, dove gli alberi sussurrano parole e il tempo quasi non esiste, incontrai un essere particolare: un pappagallo dalle piume rosse e blu che rispondeva al nome di Shamàn.
Tratto dal libro Shamàn, la Leggenda del Guacamayo
In un villaggio remoto, nel cuore della foresta Amazzonica, dove gli alberi sussurrano parole e il tempo quasi non esiste, incontrai un essere particolare: un pappagallo dalle piume rosse e blu che rispondeva al nome di Shamàn.
Non era un pappagallo comune.C'era qualcosa di magico nel modo in cui mi guardava, come se vedesse oltre la superficie delle cose. Eppure, portava con sé un mistero: non sapeva volare.
Per settimane intere trascorsi le mie giornate osservandolo, ascoltandolo e interagendo con lui. La giungla sembrava fermarsi quando lui appariva. Nelle ore più calde del giorno, Shamàn zampettava avanti e indietro, forse perso in chissà quali pensieri, mentre io, cullato sulla mia amaca, sentivo crescere dentro di me una storia che chiedeva di essere raccontata.
Fu così che iniziai a scrivere, guidato da una forza misteriosa. Le parole fluivano come un fiume in piena, raccontando di un viaggio mistico, di maestri nascosti nella giungla e di una ricerca che andava oltre il semplice desiderio di volare. Era come se la storia si scrivesse da sola, attraverso di me, forse sussurrata dalla presenza di Shamàn.
Trascorsi qualche mese in quel villaggio nascosto tra le liane. Poi me ne andai e terminai di scrivere la storia che Shamàn mi aveva raccontato.
Due anni dopo, quando feci ritorno al villaggio, tutto era cambiato. L'aria era diversa, carica di un'energia nuova. Gli abitanti mi accolsero con sorrisi enigmatici e, quando chiesi di Shamàn, nei loro sguardi calò un silenzio inquieto.
"Shamàn?" Mi dissero, "Ha trovato le sue ali. Una mattina, proprio come raccontava la tua storia, si è librato nel cielo ed è scomparso oltre le nuvole."
Rimasi immobile, mentre un brivido mi attraversava la schiena. La storia che avevo scritto, nata nelle profondità della giungla, si era materializzata nella realtà. O forse era stata la realtà a trasformarsi in storia? Non lo seppi mai.
Mi sedetti sul tronco dove Shamàn era solito riposare, accarezzando la corteccia consumata dalle sue zampe. Il legno conservava ancora i segni dei suoi artigli, come cicatrici indelebili delle sue ruminazioni.
"C'è dell'altro che dovresti sapere." Una voce rauca mi fece voltare. Era Wesna, la sciamana del villaggio. "Shamàn non è l'unico a essere cambiato dopo il tuo passaggio."
Si sedette accanto a me, estraendo dalla sua borsa di iuta un piccolo oggetto avvolto in foglie di platano. Lo scartò con cura, rivelando una piuma. Non era una piuma qualsiasi: era di un rosso intenso con sfumature blu, proprio come quelle di Shamàn.
"Questa è apparsa il giorno dopo la sua partenza. Ma guarda più attentamente."
Presi la piuma tra le dita. Mentre la osservavo, notai che sulla superficie si formavano minuscoli simboli, delle forme geometriche perfette, che non avevo mai visto prima.
"Da quel giorno, i bambini del villaggio hanno iniziato a sognare in una lingua strana. Disegnano sulla terra simboli identici a quelli che vedi sulla piuma. E parlano di un luogo..." Wesna si interruppe, scrutando il cielo attraverso la fitta chioma degli alberi.
"Che tipo di luogo?"
"Lo chiamano 'Il Regno di Inīntya'. Dicono che sia un posto dove le storie prendono vita, dove i confini tra immaginazione e realtà si dissolvono."
Un gruppo di bambini passò correndo vicino a noi. Sui loro volti, dipinti con colori naturali, riconobbi gli stessi simboli della piuma. Cantavano una melodia in una lingua che non apparteneva a questo mondo, eppure suonava stranamente familiare.
"Le parole che hai scritto hanno risvegliato qualcosa di antico, amico mio. Qualcosa che dormiva nelle profondità della foresta, aspettando il momento giusto per destarsi."